⌂"Ne le scuole de li religiosi e a le disputazioni de li filosofanti" Lectio, disputatio, predicatio
Convegno,
Prato
18-19 maggio
2007: |
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I |
"Ne le scuole de li religiosi" |
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# capitoli provinciali (1275-1317): no ai laici nelle lezioni di filosofia! # sì ai laici nelle dispute e sermoni scolastici # fra Uberto di Guido da Nipozzano, "semplice baccelliere, osa definire in cattedra la disputa" (1315), punito | ital. | # presenti molti frati, secolari, chierici e religiosi d’altri ordini |
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II |
Sistema scolastico nei conventi domenicani (XIII-XIV secoli) |
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- Francesco di donna Albanese da Prato (OP 1300 ca., † 1348 ca.) - lectio | disputatio, de quolibet | predicatio | redazione scritta del materiale didattico - # e le donne? - Niccolò dei Bolsinghi da Prato OP († 1380 ca.) |
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III |
Dal convento alla città |
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- Giovanni Villani: scuole private nella vita pubblica di Firenze 1340 circa - # domina Clementia doctrix puerorum - #
arti liberali ↔ meccaniche: |
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a stampa ott. 2008 | ..\nomen1\simofc31.htm |
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Questio disputata: |
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Firenze 25.V.1544: disposizioni circa curriculum e gradi accademici |
Conferenza o intervento nel convegno
Dal convento alla città, di cui qui di seguito. Più traccia di
conferenza che stesura di testo da pubblicare. E dell'originale orale conserva i
tratti. Metto a punto citazioni e indicazione di fonti.
Presiedeva prof. Alfonso Maierù [†
12.IX.2011].
Il promotore prof.
Fabrizio
Amerini prevede stampa degli atti. Avevamo più volte scambiato idee su contenuto e forma del
convegno;
gli avevo proposto "Dal convento alla
città" quale
titolo
del convegno.
■ Ne dà notizia «Dominican history newsletter» 16 (2007) 25 n° 37.
■ In ott. 2008 ricevo il volume: AA. VV., Dal convento alla città. Filosofia e teologia in Francesco da Prato OP (xiv secolo). Atti del Convegno Internazionale di Storia della Filosofia Medievale (Prato, Palazzo Comunale, 18-19 maggio 2007), Firenze (Zella Ed.) 2008, pp. 216. In pp. 115-31 "Ne le scuole de li religiosi e a le disputazioni de li filosofanti" (Dante Alighieri). Lectio, disputatio, predicatio. Testo più prossimo all'originale conferenza.
DAL CONVENTO ALLA CITTÀ.
FILOSOFIA E TEOLOGIA IN FRANCESCO DA PRATO OP (XIV SECOLO)
Prato, Palazzo Comunale – Piazza del Comune, 2
18-19 Maggio 2007
~ Programma ~
Venerdì, 18 Maggio
10.00-10.15 Apertura dei lavori
10.15-11.15 Dr. F. Amerini (Università di Parma): Introduzione: la figura e la filosofia di Francesco da Prato
11.15-11.30 pausa
11.30-12.30 E. Panella O.P. (Convento di S. Maria Novella, Firenze): "Ne le scuole de li religiosi e a le disputazioni de li filosofanti" (Dante Alighieri). Lectio, disputatio, predicatio
12.30-13.00 discussione
13.00-15.30 pausa
15.30-16.30 Dr. G. Koridze (Università di Tubinga, Germania): Formazione del tomismo nella prima scuola tomistica
16.30-16.45 pausa
16.45-17.45 Prof. M. Mugnai (Scuola Normale Superiore, Pisa): Franciscus de Prato on the Ontology of Relations
17.45-18.15 discussione
Sabato, 19 Maggio
10.00-11.00 Drs. J. Dijs (Radboud Università di Nijmegen, Olanda): Hervaeus Natalis’s Theory of Intentions
11.00-11.15 pausa
11.15-12.15 Dr. C. Rode (Università di Bonn, Germania): The Ontological Status of First and Second Intentions in Franciscus de Prato
12.15-12.45 discussione
"Ne le scuole de li religiosi
e a le disputazioni de li filosofanti" (Dante Alighieri).
Lectio, disputatio, predicatio
Dante Alighieri, Convivio II, XII, 1-7:
«Come per me fu perduto lo primo diletto de la mia anima,… io rimasi di tanta tristizia punto che conforto non mi valeva alcuno [… si dà alla lettura di Boezio, Cicerone, ne trova consolazione] trovai non solamente a le mie lagrime rimedio, ma vocabuli d’autori e di scienze e di libri; li quali considerando, giudicava bene che la filosofia - che era donna di questi autori, di queste scienze e di questi libri - fosse somma cosa. (…)
E da questo imaginare cominciai ad andare là dov’ella
<filosofia> si dimostrava veracemente, cioè
ne le scuole de li religiosi e a le
disputazioni de li filosofanti. Sì che in picciol tempo, forse di trenta mesi,
cominciai tanto a sentire de la sua dolcezza, che lo suo amore cacciava e
distruggeva ogni altro pensiero».
-
Cf. Ep. XII, 6: «phylosophie
domesticus».
Beatrice era deceduta in giugno 1290. Seguì un periodo di crisi o di “traviamento”. Poi tempi di Vita nuova (1293-96 circa); e a ridosso Dante comincia ad andare «ne le scuole de li religiosi», tra 1291 e 1294/5, come racconterà nel Convivio (1304-1307 circa).
“Andò alle scuole degli ordini religiosi”: che cosa significa? scuole di Santa Croce? di Santa Maria Novella? di Santo Spirito? eccetera. I rispettivi religiosi – francescani, domenicani, eremitani di Sant’Agostino, eccetera - hanno a turno rivendicato l’onore della frequentazione di Dante alle loro scuole conventuali.
Testo, e suo esatto significato, continua a far difficoltà, anche ai dantisti dei nostri giorni.
G. Petrocchi, Vita di Dante, Bari 1984, 31-33, 60. Si noti la formulazione della questione: «Si vedrà tra breve quanto possa accogliersi della tesi che vede Dante allievo di S. Croce oltre che di S. Maria Novella» (p. 30). «Pensiamo oggi che Dante frequentasse sia lo studio di Santa Croce, francescano, sia quello di Santa Maria Novella, domenicano» (p. 32).
Solo uno spunto per noi, il racconto di Dante, per sollevare un insidioso problema linguistico; che ci preclude e la possibilità d’intendere antiche confidenze e d’interrogarci sul sistema scolastico che a tali confidenze danno significato. Lo illustrerò concisamente. Restando, per quanto possibile, nel genere letterario della relazione orale al convegno Dal convento alla città. Filosofia e teologia in Francesco da Prato O.P. (xiv secolo), Prato 18-19 maggio 2007.
Capitoli provinciali della provincia romana (tutto il centro Italia, dalla Toscana al basso Lazio) dell’ordine domenicano.
Orvieto 1275: «Ordinamus etiam quod lectores libros physicos non legant in scholis; et ad lectiones philosophie in quocumque loco legerint, non suscipiant seculares» (MOPH = «Monumenta ordinis fratrum Praedicatorum historica», XX, 45/13-15). | Ordiniamo che i lettori nelle scuole non tengano lezione sui libri di testo di filosofia della natura; e alle lezioni di filosofia, in qualunque convento le tengano, non ammettano i secolari.
Napoli 1278: «Item <volumus et ordinamus> quod lectores personas seculares ad lectiones philosophicas non admittant» (MOPH XX, 49/10-11). | Vogliamo e ordiniamo che i lettori non ammettano persone secolari alle lezioni di filosofia.
Firenze 1281: «Volumus etiam quod nullus legat vel audiat lectiones alias quam theologicas sine licentia prioris provincialis, nisi illi de quibus in capitulo provinciali est aliter ordinatum» (MOPH XX, 56/15‑17). | Vogliamo che nessuno tenga lezione o assista alle lezioni altre da quelle teologiche senza permesso del priore provinciale, eccetto coloro dei quali i capitoli provinciali abbiano disposto diversamente.
Perugia 1308: «Item inhibemus districte ne aliquis secularis ad lectiones alias quam ad theologicas admittatur sine prioris provincialis licentia speciali» (MOPH XX, 169/14-15). | Proibiamo rigorosamente che alcun secolare sia ammesso a lezioni altre da quelle teologiche, senza esplicito permesso del priore provinciale.
Anagni 1317: «Item volumus et mandamus quod ad lectiones philosophie vel artium exteriores persone absque prioris provincialis speciali licentia nullatenus admittantur» (MOPH XX, 203/13-15). | Vogliamo e ordiniamo che alle lezioni di filosofia o di arti in nessun modo siano ammesse persone esterne, se non con esplicito permesso del priore provinciale.
L’inibizione dei secolari ai corsi filosofici ha un lungo e persistente ricorso. “Secolari” nel lessico canonico del tempo poteva includere e laici e chierici secolari (ossia non membri di ordini religiosi). Ma si faccia attenzione: l’inibizione verte sulla lectio. Che noi inavvertitamente sorvoliamo, e sostituiamo semanticamente con “scuola”: generale e indistinta attività didattica.
Ed ecco ora il contrasto, utile per sbrogliare le cose. Disputa quodlibetale in Santa Maria Novella di Firenze 1315, «in conspectu multitudinis fratrum, secularium, clericorum et aliorum religiosorum» (Arezzo 1315: MOPH XX, 197/11-12). Merita leggerlo integralmente.
«Item quia frater Ubertus Guidi baccellarius florentinus hoc anno in conventu florentino dum disputaretur de quolibet in conspectu multitudinis fratrum, secularium, clericorum et aliorum religiosorum, temerarie non solum in ipsa disputatione sed etiam in cathedra dum legeret multa assertive dixit contra sanam et sacram doctrinam venerabilis doctoris fratris Thome de Aquino, quodque in irreverentiam prefati sacri doctoris et contra reverentiam sui lectoris superbe et arroganter multa dixit, quod etiam inauditum est determinando in cathedra contra determinationem ipsius sui lectoris, prout omnia clare probata sunt tam per suamet verba quam etiam per testimonia veridicorum et scientificorum studentium qui presentes in omnibus extiterunt, ne talis et tanta culpa, sicut non debet, pertranseat impunita et sibi sit ac ceteris fratribus in posterum in documentum pariter et exemplum “non plus sapere quam oporteat sapere, sed sapere ad sobrietatem” [Rom. 12,3], habita super predictis diligenti consultatione cum discretis et scientificis fratribus, imponimus ac districte mandamus eidem fratri Uberto ut illa que sic temerarie et contra veram doctrinam prefati doctoris dixit coram multis sic congregata multitudine fratrum et aliorum litteratorum virorum secularium, clericorum et aliorum religiosorum, studeat illa pure et sincere ac humiliter retractare prout et quando reverendus pater prior provincialis sibi duxerit imponendum, et ipsum per biennium omni lectione omnique disputatione cuiuscumque facultatis ac magisterio studentium et omni actu scolastico privamus, et ipsum de conventu florentino removemus et pistoriensi conventui assignamus et x dies in pane et aqua ieiunandos sibi damus» (MOPH XX, 197/10-34).
■ Provo a farne traduzione (che c'impone di capire il testo originale, perfino i dettagli!): «Fra Uberto di Guido, baccelliere fiorentino, nel corso di quest’anno scolastico [1314-15] mentre in SMNovella si teneva una disputa quodlibetale alla presenza di molti frati, di secolari, di chierici e religiosi d’altri ordini, ha osato sostenere temerariamente, e non solo nella disputa ma anche in cattedra tenendo lezione, molti asserti dottrinali contro la sana e sacra dottrina del venerabile dottore fra Tommaso d’Aquino. Irrispettoso sia verso il sopraddetto sacro dottore sia verso il proprio lettore, si è abbandonato a parole saccenti e arroganti. E cosa estremamente più grave e inaudita, ha osato definire in cattedra la disputa contro la determinazione data dal suo stesso lettore. Fatti assodati e per ammissione stessa di fra Uberto e per la testimonianza di veritieri e maturi studenti che erano presenti. Siffatto deplorevole comportamento non deve restare impunito; se ne deve anzi trarre insegnamento ed esempio d’un “sapere misurato e senza presunzioni, un sapere sobrio” [cf. Rom. 12,3]. Dopo diligente consultazione con frati prudenti e saggi, ecco quel che imponiamo e fermamente ordiniamo a fra Uberto: a) quel che ha temerariamente e pubblicamente asserito contro la vera dottrina del dottore fra Tommaso, lo ritratti senza ambiguità davanti ai molti frati, e altri letterati secolari, e chierici e religiosi d’altri ordini, dove e quando il priore provinciale determinerà; b) lo priviamo per un biennio di ogni tipo d’insegnamento, di disputa di qualsiasi livello, di supervisione sugli studenti, e di ogni attività scolatica; c) lo rimoviamo dal convento fiorentino e l’assegnamo a quello pistoiese; d) gli imponiamo dieci giorni di digiuno a pane ed acqua» (MOPH XX, 197).
Uberto di Guido da Nipozzano (a monte di Pontassieve, prov. Firenze), figlio del convento fiorentino, in religione dal 1298, † 1.V.1348. Nel corso dell'anno accademico 1314-15 fra Uberto in atto di pubblico insegnamento in Santa Maria Novella fa pronunciamenti dottrinali («assertive» non «recitando») contrari alla dottrina di fra Tommaso d'Aquino. E questo sia durante disputa quodlibetale aperta al pubblico e alla presenza di molti frati e ospiti esterni (presumibilmente quaresima 1315, periodo scolastico dei quodlibeti) sia in lezioni ordinarie di baccelliere. Disputa quodlibetale, "de quolibet a quolibet": = chiunque dei presenti può porre una qualsiasi domanda o questione. Indire, presiedere e concludere autorevolmente («determinare») la disputa quodlibetale è competenza del maestro. Il baccelliere Uberto vi prende parte in ruolo di respondens sotto la guida e responsabilità del maestro (Remigio dei Girolami?). Nei riguardi di costui Uberto tiene un comportamento irriverente. E, cosa estremamente più grave («inauditum est»!), osa definire in cattedra la disputa contro la determinazione data dal maestro. Severe punizioni (MOPH XX, 197).
Il brano del Convivio dantesco non parla di lezioni, mentre fa esplicita parola di disputazioni: «a le disputazioni de li filosofanti»; “ne le scuole de li religiosi” = “scuola” denotava principalmente il luogo fisico, come dire aula scolastica, contro studium = istituzione scolastica.
Uguccione da Pisa [† 1210], Derivationes II, 1146: «Scola grece, latine dicitur vacatio quia ibi studio vacamus: in singulari dicitur tantum locum, in plurali etiam scolares, unde cum dicitur "magnam scolam habeo" de loco intelligitur, cum vero dicitur "magnas scolas habeo" de scolaribus, quasi "multos scolares habeo". Unde scolasticus -a -um, ad scolam vel scolares pertinens vel assiduus et frequens in scola». Derivationes II, 1180 § 324 (studeo, studium). Giovanni Boccaccio [† 1375], Decameron, Conclus. dell'autore 7: «Appresso assai ben si può cognoscere queste cose non nella chiesa, delle cui cose e con animi e con vocaboli onestissimi si convien dire, quantunque nelle sue istorie d'altramenti fatte che le scritte da me si truovino assai; né ancora nelle scuole de' filosofanti dove l'onestà non meno che in altra parte è richiesta, dette sono; né tra cherici né tra filosofi in alcun luogo ma ne' giardini, in luogo di sollazzo, tra persone giovani benché mature e non pieghevoli per novelle, in tempo nel quale andar con le brache in capo per iscampo di sé era alli piú onesti non disdicevole, dette sono».
L’attività propriamente scolastica si articolava in tre distinte e complementari aree didattiche: lectio, disputatio, predicatio, compiti a pari titolo del lettore. Con le ripetute ordinazioni capitolari contro l’accesso di secolari alle lezioni filosofiche, coesiste il pubblico accesso dei secolari alla disputa scolastica. Piena concordanza, dunque, con la testimonianza dantesca, se correttamente riletta. Cade perfino l’istanza apologetica di questo o quello dei conventi mendicanti in Firenze che rivendica per sé la presenza dantesca: tutti prendevano parte alla publica disputa, anche i religiosi d’altri ordini, come attesta il capitolo provinciale Arezzo 1315.